Il magico connubio tra musica e cervello: intervista al dottor Giuseppe Piccinni (di Leonardo Bianchi)

27 Febbraio 2020

IL MAGICO CONNUBIO TRA MUSICA E CERVELLO

Intervista al dottor Giuseppe Piccinni (Prima parte) Leonardo Bianchi

La MUSICA non è soltanto un’espressione artistica dal carattere astratto, ma è anche un linguaggio e come tale assoggettata ad una serie di regole, peraltro complesse. E’ veicolo di emozioni, di comunicazione e socializzazione (alcune volte utilizzata anche in maniera manipolativa)… è terapeutica (sempre più utilizzata soprattutto in campo neuropsichiatrico)… evoca piacere, secondo alcuni, al pari delle droghe. Ma la Musica è anche Mistero: Henson già nel 1977 affermava che “..vi è un mistero ultimo dell’ esperienza ,musicale che non è suscettibile di studio…”.

Di tutto questo parliamo con Giuseppe Piccinni, personaggio simpatico ed eclettico, laureato in Medicina e Direttore del Reparto di Psichiatria dell’Ospedale “Ferrari” di Casarano. Fin da ragazzino appassionato di Musica tanto da intraprendere un percorso di studio parallelo, inizialmente studiando la Tromba in Sib ( “ero un ragazzino di appena 9 anni quando andavo in giro nei paesi della provincia, accompagnato da mio padre, a suonare nella bande), poi pianoforte principale “ … ma pur avendo preparato l ‘ VIII anno, non mi sono mai diplomato perché nel frattempo ho conosciuto lo studio della composizione, di cui mi sono letteralmente innamorato, ed ho cambiato percorso, conseguendo negli anni presso il Conservatorio di Monopoli, il diploma in Composizione Principale, Direzione e Strumentazione per Banda, Direzione di Coro e Musica Corale….oltre a frequentare un corso per Direzione di Orchestra di Fiati con il Maestro Billi Maurizio, attuale Direttore dell’ Orchestra di Fiati Nazionale della Polizia di Stato”).

Tra tutto ciò si annovera anche un diploma in Medicina Omeopatica ed uno in Terapia Fisica.

L’interesse dell’intervista nasce proprio dalla molteplicità delle conoscenze e degli interessi del dott. Piccinni, che riesce a relazionare su vari argomenti (circuiti cerebrali, neuromediatori, stili musicali, patologie psichiatriche ecc ecc ) con un linguaggio immediato e semplice riportando dati scientifici e di letteratura anche recenti.

– Innanzitutto, vediamo di risolvere un dilemma: devo chiamarla dottore o maestro?

Nessuna delle due …. Mi considero uno studente a vita……ed aboliamo subito il “Lei” che non riesco a reggere per più di 5 minuti.

– A parte la passione per gli studi musicali, qual è il nesso che lega la Neurologia e la Psichiatria alla Musica ?

Innanzitutto la musica è un linguaggio e, come tale, al pari di quello verbale, è una funzione neurologica. In modo analogo si compone di scrittura, ascolto, comprensione, ripetizione ecc. E’ noto come il linguaggio verbale nel 97% della popolazione generale ha una predominanza emisferica sinistra, invece per quello musicale è l’emisfero destro. Per entrambi i linguaggi, si tratta di sistemi neurali specializzati ad un alto livello integrativo fra i vari lobi cerebrali.

– Quindi possiamo dire che, neurologicamente, i due sistemi sono sovrapponibili, a parte la differenza della predominanza emisferica?

Tale conclusione non è del tutto esatta. Infatti studi di neurofisiologia hanno dimostrato l’esistenza di una specializzazione cerebrale nei musicisti rispetto ai non musicisti: nei primi l’elaborazione della musica coinvolge, oltre ai sistemi dell’emisfero destro, anche altri a livello dell’emisfero sinistro.

– Come mai?

I musicisti sviluppano capacità più estese. E’ noto ormai da anni che l’emisfero sinistro è per così dire quello “razionale”: pensiero lineare, concreto, logico-razionale ed analitico, elaboratore sequenziale di informazioni, mentre quello destro è fantasioso, creativo, intuitivo, immaginifico ecc. Partendo da una revisione della più recente letteratura si suppone che sia l’emisfero destro quello che in un primo momento riconosce ed identifica la melodia nel suo complesso e più specificatamente secondo le caratteristiche del tempo e della linea melodica. E’ poi l’emisfero sinistro che esegue un’analisi più precisa, essendo maggiormente specializzato per funzioni analitiche e razionali.

– Interessante… se ho ben compreso i musicisti percepiscono la musica neurologicamente in maniera differente rispetto ai non musicisti.

Proprio così. Vi è una specie di “dominanza” emisferica dinamica e in continua evoluzione per cui ascoltatori musicalmente colti, hanno la capacità di organizzare una strategia di ascolto quasi linguistica che li porta a riconoscere, nell’ambito del brano ascoltato le varie componenti strutturali del linguaggio musicale (soggetto, controsoggetto, passaggi armonici, contrappunto ecc.) utilizzando in questo modo prestazioni che sono proprie dell’emisfero sinistro. Nei soggetti profani della musica invece, l’ascolto è di tipo globale, “gestaltico”, focalizzando la propria attenzione sulla melodia nel suo complesso utilizzando in questo modo prestazioni che sono tipiche dell’emisfero dx.

Negli ultimi anni, grazie soprattutto ai nuovi mezzi di indagine neurofisiologiche (Pet, fRmn, Potenziali Evocati) si sono aggiunti ulteriori elementi di conoscenza che ci confermano ancora di più di come sia affascinante e complesso il nostro cervello

– Ovviamente, hai sollecitato la mia curiosità…

Tralascio le nuove conoscenze circa il ruolo delle varie aree cerebrali inserite nei vari circuiti, che sono informazioni che potrebbero annoiare il lettore; mi limito ad aggiungere due scoperte. La prima è come il cervello si attiva nei musicisti specializzati in uno strumento musicale. Sono state identificate alcune aree specifiche connesse alla codifica di più funzioni modali attraverso un sistema di cosiddetti neuroni a specchio visuomotorio.

– Andiamo sul difficile…che significa?

Si tratta di un sistema neuronale che codifica la relazione tra immagini, risposte motorie e i suoni musicali appresi con lo studio. In pratica, i musicisti professionisti grazie allo studio approfondito della musica riescono ad interiorizzare in maniera così forte il collegamento tra suono, gesto ed immagine da percepire in maniera automatica un’incongruenza tra gesto musicale e suono prodotto. Ciò permette al musicista di prevedere con precisione e in anticipo se il proprio gesto produrrà i suoni desiderati ed anche di ritoccare gli impulsi motori per evitare di stonare ancor prima di aver suonato.

– E’ semplicemente fantastico…. E la seconda scoperta?

Un altro circuito di forte interesse è quello mette in relazione l’ippocampo alla corteccia uditiva. E’ noto da tempo come l’ippocampo sia una zona legata alla memoria ed al rafforzamento delle emozioni: una specie di hard disk cerebrale che accumula esperienze e sensazioni, che possono essere riaccese ascoltando una determinata canzone. In esso, è come se fosse incisa la “colonna sonora della nostra vita”, così che una vecchia canzone che credevamo dimenticata, riascoltandola, è capace di farci rivivere grandi emozioni, e compiere un viaggio nel tempo e nei ricordi. Come accade con i profumi che, all’improvviso possono riportarci in un’epoca lontana della nostra esistenza.

La MUSICA non è soltanto un’espressione artistica dal carattere astratto, ma è anche un linguaggio e come tale assoggettata ad una serie di regole, peraltro complesse. E’ veicolo di emozioni, di comunicazione e socializzazione (alcune volte utilizzata anche in maniera manipolativa)… è terapeutica (sempre più utilizzata soprattutto in campo neuropsichiatrico)… evoca piacere, secondo alcuni, al pari delle droghe. Ma la Musica è anche Mistero: Henson già nel 1977 affermava che “..vi è un mistero ultimo dell’ esperienza ,musicale che non è suscettibile di studio…”.

Di tutto questo parliamo con il dott. Giuseppe Piccinni, personaggio simpatico ed eclettico, laureato in Medicina e Direttore del Reparto di Psichiatria dell’Ospedale “Ferrari” di Casarano. Fin da ragazzino appassionato di Musica tanto da intraprendere un percorso di studio parallelo, inizialmente studiando la Tromba in Sib ( “ero un ragazzino di appena 9 anni quando andavo in giro nei paesi della provincia, accompagnato da mio padre, a suonare nella bande), poi pianoforte principale “ … ma pur avendo preparato l ‘ VIII anno, non mi sono mai diplomato perché nel frattempo ho conosciuto lo studio della composizione, di cui mi sono letteralmente innamorato, ed ho cambiato percorso, conseguendo negli anni presso il Conservatorio di Monopoli, il diploma in Composizione Principale, Direzione e Strumentazione per Banda, Direzione di Coro e Musica Corale….oltre a frequentare un corso per Direzione di Orchestra di Fiati con il Maestro Billi Maurizio, attuale Direttore dell’ Orchestra di Fiati Nazionale della Polizia di Stato”).

Tra tutto ciò si annovera anche un diploma in Medicina Omeopatica ed uno in Terapia Fisica.

L’interesse dell’intervista nasce proprio dalla molteplicità delle conoscenze e degli interessi del dott. Piccinni, che riesce a relazionare su vari argomenti (circuiti cerebrali, neuromediatori, stili musicali, patologie psichiatriche ecc ecc ) con un linguaggio immediato e semplice riportando dati scientifici e di letteratura anche recenti.

La musica non è solo linguaggio, ma è esperienza comune che ha un ruolo fondamentale nel suscitare le emozioni e sensazioni più varie…

Certo, e qui entriamo più specificatamente nel rapporto fra Musica e Psichiatria. Gli effetti emotivi della musica possono essere ottenuti, con meccanismi diversi, dalle note e dal ritmo. Gli effetti del ritmo sono semplici, e dipendono essenzialmente dalla velocità (in termini musicali il “tempo”) della musica. Questa si misura in battiti al minuto. Tempi inferiori a 60 battiti al minuto hanno effetto tranquillizzante, sotto i 30-40 diventa rattristante/deprimente, tanto da essere utilizzato per marce funebri. Al contrario, da 80-90 battiti al minuto in su l’effetto è attivante. La musica da discoteca si situa tipicamente da 120 in battiti in su, con una “fascia bassa”, da 107 a 120, per una disco dance “tranquilla”. Perché questi valori, e non altri? Ipoteticamente perché l’attività cardiaca umana normale, in veglia a riposo, si aggira fra i 60 e gli 80 battiti per minuto, tipicamente 70-72. La frequenza cardiaca di una mamma ha effetto sullo stato d’animo del bambino che tiene abbracciato al petto, e che sente il suo cuore. Il bambino è tranquillizzato da frequenze normali, o lievemente più lente, che gli comunicano che la mamma sta bene ed è tranquilla, o addirittura dorme. Frequenze più alte indicano che la mamma è in allerta, o in ansia, e il bambino risponde con analoga attivazione. Questa risposta emotiva alla frequenza di suoni ritmati, probabilmente ce la portiamo appresso per tutta la vita.

Passando alle note, in che modo esse possono suscitare emozioni e sentimenti?

Le neuroscienze hanno dimostrato che l’impiego della musica come stimolo neuronale può avere un’azione serotoninergica e dopaminergica.,. che sono neuro mediatori chimici presenti nel nostro cervello. Vi sono ricerche che hanno dimostrato che per produrre dopamina è sufficiente anche solo immaginare il tema di una canzone, pregustandone in tal modo l’andamento melodico, ancor prima di ascoltarla (Imagery). Inoltre, si è constatato che nei casi in cui si verificava un maggior coinvolgimento emotivo, e quindi un appagamento, la produzione di dopamina subiva un incremento significativo.

E in che modo agiscono tali molecole?

Senza entrare nei tecnicismi, basta solo dire che, a mezzo l’utilizzo della PET, sono state visualizzate le regioni cerebrali attivate durante l’ascolto di alcuni brani. Si tratta dell’area implicata in funzioni biologicamente importanti, come l’alimentazione o la riproduzione, ma anche nella soddisfazione data dal consumo di stupefacenti.

I volontari, nei passaggi musicali a loro più graditi, presentavano in queste strutture un consistente rilascio di dopamina, la molecola che innesca il cosiddetto “circuito della ricompensa”. I soggetti provavano “un brivido” in corrispondenza dei passi armonici per loro più emozionanti all’interno di un brano musicale, che, coincideva con il picco di attività neuronale. Dallo stesso studio è risultato anche, che i livelli di dopamina aumentavano anche durante la fase anticipatoria, cioè quando l’individuo “si aspettava” (Imagery), un determinato accordo immediatamente prima di ascoltarlo. Inoltre le fasi di attesa e anticipazione, e quelle di più intensa risposta emotiva, sono mediate da vie anatomicamente distinte. Nella fase di anticipazione domina l’attività di centri cerebrali coinvolti nei meccanismi di ricompensa, mentre durante la risposta emotiva e neurovegetativa (il punto di massimo piacere indotto dall’ascolto), prevale l’attivazione di un sistema di neuroni responsabile delle sensazioni di piacere e paura, coinvolti nei meccanismi di dipendenza).

Mi sembra che vi siano molte analogie con l’assunzione di sostanze stupefacenti…

Esatto. I circuiti sono gli stessi!

E come mai quando si ascolta la musica può succedere che aumenta il battito cardiaco, si diventa rossi in volto o si intensifica il ritmo del respiro?

E’ dovuto al fatto che la Musica modifica anche il Sistema Nervoso Vegetativo, che regola la pressione arteriosa, il ritmo cardiaco, la respirazione, la sudorazione ed altre reazioni fisiologiche, con conseguenti risposte. In altri casi, brani musicali come le danze, le marce ecc. provocano risposte soprattutto motorie al punto tale che, in alcuni casi, nostro malgrado, ci portano a segnare il tempo con il piede, o con spalla o la mano. In definitiva, la musica è uno stimolo uditivo articolato in maniera complessa, si può dire che sia psicologicamente olistica, nel senso che coinvolge tutto il cervello essendo processata attraverso circuiti diversi.

Tuttavia, è esperienza comune che ogni genere di musica non presenta lo stesso effetto su tutti.

Ovviamente ciò dipende dai gusti personali, dal grado di erudizione in materia e non da ultimo dalla cultura di origine. Questo perché il cervello, ci riconduce a ciò che abbiamo appreso… Ma in realtà la questione è più complessa: in soggetti diversi, generi musicali che differiscono per molte caratteristiche melodiche, ritmiche e armoniche inducono una risposta emotiva che non cambia se la musica è quella preferita

L’argomento diventa sempre più complesso, ma anche estremamente interessante. Puoi chiarire meglio questo aspetto?

Sono stati identificati alcuni schemi di connessione tra le aree cerebrali attivati dall’ascolto della musica preferita che erano comuni a tutti i soggetti, indipendentemente dal tipo di musica. Senza entrare troppo nel tecnico basti solo sapere che si è osservato un aumento delle connessioni in un circuito cerebrale noto come Default Mode Network che è una rete neurale distribuita in diverse regioni cerebrali. Vi sono evidenze sperimentali che l’ascolto di una musica preferita altera la connettività tra alcune aree di tale circuito per cui da un ascolto strettamente sonoro si passa alla rievocazione di emozioni e pensieri che appartengono alla storia personale del soggetto; in questo modo, persone abituate ad ascoltare brani molto diversi fra di loro possono sperimentare gli stessi stati emotivi e mentali, in modo universale

La coerenza di tali dati è stata del tutto inaspettata. Le abilità cognitive legate all’attivazione di quest’area riguardano: capacità di accedere ai ricordi della propria vita (memoria episodica autobiografica), di riflettere sui propri e altrui stati mentali, di riconoscere stimoli familiari e non, e di provare emozioni in relazione a situazioni sociali che riguardano noi stessi o gli altri, d valutare le reazioni proprie e degli altri in alcune situazioni emotive.

Alterazioni nella connettività di queste aree sono associate a sintomi psicopatologici in pazienti con disturbi mentali, quali schizofrenia, depressione, autismo e ADHD

Questo scoperta potrebbe avere ripercussioni per la musicoterapia?

Certo: è possibile infatti ipotizzare che una ottimale manipolazione della rete DMN potrebbe avere importanti implicazioni sulla riabilitazione psichiatrica. Ma ancora non abbiamo dati di ricerca ed esperienze cliniche al riguardo.

A proposito della musicoterapia cosa è l’“Effetto” Mozart?

D’istinto mi verrebbe da dire che è una grande “bufala”.

Si tratta di una teoria molto controversa, secondo la quale l’ascolto di determinate opere di Mozart (ed in particolare la sonata K488 e la K448) aumentasse il quoziente intellettivo. In realtà questi studi, condotti per la prima volta da due fisici Gordon Shaw e Frances Rauscher, mostravano come ci fosse un aumento solo temporaneo (circa 15 minuti) delle sole capacità visuo spaziali.

Varie ricerche successive dimostrarono che i migliori risultati ai test erano ottenuti da chi era stato esposto a svariati stimoli anche di natura completamente differente della musica, come un racconto, una danza, la visione di un film ecc… in pratica tutto ciò che entrava nelle preferenze delle persone.

Questi ultimi risultati, confermano quanto gli psicologi vanno sostenendo da tempo e cioè che la cognizione dipende dall’umore e dalla prontezza e gli stimoli che troviamo piacevoli e interessanti alleviano lo sforzo.

Sta di fatto che la musica di Mozart e quella barocca in genere, comunemente, sono considerate particolarmente rilassanti.

Sì, è vero. La si ascolta nelle sale di attesa di vari studi professionali, durante le sedute odontoiatriche, quelle di psicoterapia, nelle sale operatorie, nelle serre delle piante, nelle stalle ecc. di A mio parere, al pari di autorevoli studiosi, ritengo che il motivo risieda nella tecnica compositiva. I musicisti del periodo barocco (Mozart e Vivaldi in particolare) con uno stile molto rigoroso, tendono a far risaltare le armonie che sono alla base del sistema tonale, impostato sulle tonalità (maggiori e minori) espressione del “circolo delle quinte”, di cui grande fautore e promulgatore fu J.S. Bach con il suo impareggiabile “Clavicembalo Ben Temperato”

In tale sistema infatti le note, le scale nonché i loro rapporti gerarchici, hanno un fondamento fisico e la perfezione del meccanismo compositivo di Mozart è tale che tutto il sistema ne è esaltato al massimo.

Inoltre vi è una questione legata alle frequenze. Mozart suonava su frequenze a 432 Hz, mentre oggi, per esempio durante l’accordatura dell’orchestra, si “viaggia” su 440/442 Hz, Lo stesso diapason attualmente è tarato su tali frequenze.

Il suono, per sua natura, ha la capacità di entrare in risonanza con i corpi circostanti: esempio molto semplice è quello della risonanza simpatica tra due diapason identici che suonano entrambi, anche se viene eccitato solo uno dei due. Quando la vibrazione emessa è in risonanza con la vibrazione di chi riceve, allora si genera armonia.

La frequenza a 432 Hz è quella più armonica con la risonanza della Terra che è pari a 7,83 Hz e maggiormente sincrona con il nostro apparato uditivo – vestibolare. Giusto, per curiosità, non solo Verdi, ma anche i Pink Floyd vollero utilizzare l’accordatura alla frequenza di 432 Hz. Seppur raramente si trovano ancora diapason a 432 Hz detto anche “il diapason” di Verdi. Il grande musicista del melodramma italiano scriveva le sue opere su in tuning a 432 hz, proprio perché’ le voci risultavano più pulite e cristalline e riscontrò anche uno sforzo minore nel canto

Ma allora perché’ alcune musiche sono considerate più rilassanti rispetto ad altre?

Chiarito, per quanto detto, che non vi sono musiche che in maniera assoluta possono considerarsi rilassanti rispetto ad altre… e che, a mio avviso, è oltremodo fantasioso voler individuare autori ed addirittura brani per le singole patologie mediche (ivi compreso la prostatite!) esistono dei criteri di massima che permettono di discriminare grossolanamente una serie di elementi che troviamo in modo ricorrente nella musica considerata rilassante piuttosto che in quella attivante.

Fonte: International web Post.